L’emergenza che stiamo vivendo ha costretto un po’ tutti a ripensare alla propria quotidianità, studenti di ogni ordine e grado compresi. Camilla Morsut, diplomanda all’Accademia Nazionale di Danza di Roma, ci racconta la sua storia, le sue giornate che continuano ad essere piene di danza, le sue aspirazioni per il futuro.
Dopo qualche anno nella ginnastica artistica, ha cominciato a studiare danza ad Arteffetto e se ne è subito innamorata. Ha proseguito gli studi al Liceo Coreutico di Udine ed è approdata in Accademia nel 2016. Si sente ballerina classica per vocazione, ma sta apprezzando sempre di più anche il Neoclassico e il Contemporaneo. Ai ballerini e agli appassionati di danza ricorda: “Ciò che realmente fa la differenza sul palco non è tanto la tecnica (che ovviamente è importantissima) ma l’intensità del movimento, quanto sei dentro ai personaggi per farli arrivare al pubblico”.
- Camilla, che cos’è per te la Danza in una parola?
Vita.
- Quando ti sei innamorata dell’arte coreutica e in che momento hai capito che vorresti diventasse il tuo lavoro?
Un giorno mia mamma mi ha fatto vedere il sito di Arteffetto e ho deciso di provare danza. Mi ricordo la sala stufa della nostra prima sede, così particolare e intima. Mi sono innamorata subito, dalla prima lezione con la maestra Maria Luisa Turinetti, mi ha colpito il suo rigore, ma anche la sua passione che traspariva da ogni gesto e parola.
L’idea di fare la ballerina era in me fin da piccola, ci pensavo ogni volta che andavo a vedere un balletto a teatro, ma poi si è consolidata nel tempo, già dal liceo coreutico e ancora di più con gli studi all’Accademia.
- Come si svolge la tua giornata tipo?
In questo particolare momento anche l’Accademia è chiusa, ma non ci fermiamo, anzi ho lezioni teoriche online, e per mantenere il corpo mi organizzo seguendo dirette su Instagram, Facebook o video su Youtube di professionisti del settore. Abbiamo fatto anche qualche esame teorico via Skype, ad esempio ieri ho dato “Storia della danza”, discutendo la mia tesina su Woolf Works di Mc Gregor. Gli insegnanti erano felici di sentir parlare di un pezzo meno “classico” nel senso più tradizionale del termine.
- A cosa hai dovuto rinunciare per inseguire il tuo sogno?
A stare a casa con la mia famiglia, mia sorella in particolare. Anche le amicizie ovviamente, perchè cambiando città ho perso i contatti, ma ne ho trovate di nuove.
- Ci racconti qualche aneddoto divertente della tua vita sul palcoscenico?
Durante uno spettacolo di fine anno del Liceo Coreutico dovevo fare un cambio rapido, togliere il tutù mentre ero sul palco alla fine del mio assolo di Bella Addormentata. C’erano 3 persone che mi aiutavano a toglierlo. Una mia compagna, per l’ansia di non fare in tempo, è entrata a chiusura sipario ma prima degli inchini, quindi ho rischiato di restare nuda sul palco... Per fortuna un’altra compagna l’ha afferrata e l’ha portata via prima del disatro. A spettacolo finito abbiamo riso moltissimo.
L’hanno scorso invece, durante un passo a due di neoclassico in Accademia, mi si è impigliata una forcina nel manicotto. Ballavo con la testa piegata verso la spalla. Il mio partner cercava di aiutarmi senza successo, alla fine mi sono liberata da sola, ma tutto questo continuando a ballare allegramente.
- A che cosa pensi mentre danzi?
Il corpo fa le cose in automatico, non penso a nulla. Cerco di godermi quel momento che dura sempre troppo poco.
- Se, per qualche motivo, non dovessi fare la ballerina, che lavoro ti piacerebbe fare?
L’insegnante di danza. Ho provato recentemente a supportare una mia ex insegnante di Udine con le sue allieve e mi è piaciuto molto.
- Quando pensi al tuo futuro, sei più attratta dall’idea di fare un lavoro artistico o più spaventata per l’incertezza di questo mondo?
No, più attratta. Se fai qualcosa che ami, pensi di meno a tutto il resto.
- Tra i ruoli che ti sei trovata ad interpretare, qual è quello che più ti rappresenta?
Aurora de La Bella Addormentata, perchè è uno stile molto delicato, mi rispecchia come carattere, è un po’ romantica come me.
- Che opinione hai dei talent show?
Credo che al pubblico non arrivi realmente ciò che significa essere un ballerino, passa un’idea distorta. E poi le performance degli allievi, alcune belle e interessanti, vengono spesso giudicate da chi non è propriamente del settore.
- Che consiglio daresti agli aspiranti ballerini di domani?
La cosa più iportante è la costanza e andare in fondo alle cose, capire che cosa si fa e perchè lo si fa.
- Che progetti hai per il futuro?
Sono al terzo anno della triennale, quest’anno avrò la laurea. Ho iniziato a fare audizioni tra Austria, Londra e in varie parti d’Italia. Non sono andate benissimo, mi sono scontrata con qualche ingiustizia. Ad esempio in alcuni casi c’erano tirocinanti delle compagnia che inevitabilmente hanno avuto la precedenza, ma sono state esperienze stupende e molto soddisfacenti. Per l’audizione di Londra al The New English Ballet sono state inviate oltre 300 candidadure, ma eravamo solo in 60 a fare l’audizione vera e propria. Quando finirà l’emergenza Coronavirus, voglio fare più audizioni possibili, ogni volta si impara molto.
- Infine, come si può sfruttare questo periodo di chiusure forzate in positivo?
Creare una routine perchè aiuta a tenersi in allenamento, magari alternando qualche sbarra e qualche allenamento muscolare. Ad esempio consiglio di seguire alcuni account Instagram come quello di Tamara Rojo dell’English National Ballet, che ha proposto una bella lezione per ballerini professionisti, potete trovare il video su Youtube. Un profilo Instagram che mi piace poi è quello di Anna Ol del Het National Ballet, che propone esercizi di rafforzamento muscolare per ballerini. Interessante anche l’account Instagram Smartpointe Workout che offre spunti utili per sbarra a terra e pilates; ancora Skylar Brandt dell’American Ballet Theatre ha proposto un Pigiama Party Barre. Insomma la tecnologia ci offre, anche in un periodo di crisi e di stop, una grande opportunità di approfondimento, possiamo non solo non fermarci, ma anzi dedicarci con più dedizione a ciò che non abbiamo tempo di curare in tempi “normali”.
Laura Sartori
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