Ha cominciato con la ginnastica artistica e ha proseguito con la danza moderna, ma è solo quando ha conosciuto l’Hip-Hop che si è sentita veramente a casa. Rossella De Filippo si è formata a Trieste e ha seguito stage e convention di approfondimento facendo parte anche di diverse crew e partecipando a molti contest coreografici nazionali. Ad ArteffettoDanza insegna Hip-Hop prestando attenzione non solo ai passi che vengono insegnati ma anche alla “knowledge” che vi fa da sfondo, alla cultura che ha fatto nascere e sviluppare questo stile.
“Dell’Hip-Hop – dice Rossella - mi ha conquistato soprattutto il ruolo della comunità; negli anni non ho ricevuto solo una formazione fisica, ma un’impostazione fondamentale anche da un punto di vista educativo. Ad esempio quando si studiano i “cypher”, quegli esercizi in cui le persone si dispongono a cerchio e, a turno, ognuno propone un’improvvisazione; chi sta nel cerchio batte le mani, tifa per chi si esibisce, lo supporta, indipendentemente dalla difficoltà o spettacolarità di ciò che viene proposto. Ciò che viene apprezzato è l’apporto unico in termini di stile, qualità del movimento e creatività che ognuno può dare in quel momento”.
Rossella è stata vicina ai propri allievi anche durante il complicato periodo del lockdown, facendo lezioni online, mandando loro video coreografici e partecipando all’iniziativa del VideoSaggio promossa da Arteffetto e da sabato scorso disponbile su Youtube: “All’inizio - racconta Rossella - avevo paura che i miei allievi non riuscissero a portare a termine questa sfida; stavolta in qualche modo dovevano essere loro i maestri di se stessi o i genitori pronti a suppportarli. Invece alla fine sono stati bravissimi. Ho fatto un video per ognuno di loro, costruito proprio su misura dell’allievo. Il bello è stato proprio l’impegno enorme per questa iniziativa da parte di tutti i partecipanti e il fatto che siano riusciti a fare le cose in autonomia... la danza ti insegna anche questo...”
- Che cosa ti ha spinto a diventare insegnante?
Insegno da un paio d’anni, ho iniziato perchè sentivo il bisogno di trasmettere la stessa emozione che io avevo ricevuto per tanto tempo. È stato naturale avvicinarmi al mondo dell’insegnamento, volevo condividere la mia stessa passione alle nuove generazioni, l’idea di una cultura sana.
- Che ricordo hai delle tue prime lezioni da allieva?
Ho iniziato con la danza moderna, quando entravo in sala non vedevo l’ora di fare danza, avvertivo che potevo ritagliarmi uno spazio veramente mio al di fuori della “normalità”. All’interno della sala ero emozionata ma avevo anche anche paura di sbagliare. Questo doppio sentimento mi ha portato negli anni a crescere e a migliorarmi sempre di più. Tuttavia c’era qualcosa che stavo ancora cercando. Mio fratello faceva breakdance e si allenava per strada, faceva esercizi difficili girando sulla testa ad esempio e io mi preoccupavo per lui. Però mi piaceva quella musica così diversa e quel modo particolare di muoversi. Dai 12 anni in su, proprio grazie a lui, ho cominciato a studiare Hip-Hop con Manuel Svetina presso l’Alister Dance All Star. Ricordo ancora il primo passo che ho imparato: l’onda con le braccia... ho capito subito che mi interessava molto questo stile. Ho sentito un nuovo modo di rapportarsi tra le persone, che mi stimolava molto e mi trasmettereva ancora di più il senso di gruppo che stavo cercando.
- Come sono state invece le tua prime lezioni da maestra?
Avevo paura di non essere all’altezza del compito, ma in realtà mi è venuto molto naturale, mi sono sentita al mio posto. All’inizio preparavo le lezioni in modo molto dettagliato e strutturato ma fin da subito ho capito che la chiave sta nello scambio con gli allievi. Oggi continuo a prepararmi ma ho imparato che la perfezione non esiste, è meglio saper adattare la lezione alle reazione dei ragazzi, cucirla addosso a loro. Ricordo ancora con gioia il mio primo saggio con Arteffetto, i visi dei ragazzi felici, un allievo che mi ha detto grazie quasi con le lacrime agli occhi alla fine dell’esibizione... una cosa del genere ti ripaga di tutti gli sforzi di danza che hai fatto negli anni.
- Ci racconti qualche aneddoto particolare della tua esperienza sul palcoscenico?
Ho un ricordo particolare, divertente ed emozionante allo stesso tempo di un importante contest coreografico a Roma Dance to the Music al quale ho partecipato nel 2018. Già la preparazione è stata tosta. Con la mia crew studiavamo ogni sera fino a mezzanotte, curando ogni singolo dettaglio della coreografia, i passi, le linee, i tempi. Alla fine siamo arrivati primi, una soddisfazione enorme, ma a poche ore dalla vittoria ci attendeva un’altra esibizione a Venezia. Ricordo quel viaggio estenuante da Roma a Venezia in cui cercavamo di tenerci svegli ballando negli autogrill, cantando in auto etc. Quando siamo arrivati a Venezia, ci siamo messi a dormire in un parcheggio. Tutti tranne me ovviamente, l’ansia per l’esizione successiva mi teneva sveglia nonostante la stanchezza... Dopo il pisolino, anche l’esibizione di Venezia è andata bene, ma che fatica! Una vera maratona, 2 giorni filati senza toccare il letto e con due diverse esibizioni, ma con un’atmosfera stupenda che mi manca molto.
- Anche i maestri possono imparare qualcosa dai propri allievi, ti è mai capitato?
Assolutamente. Ognuno di loro ha un flow diverso nel ballare, se vedo qualche movimento strano che non fa parte del mio background, lo immagazino anche io per la mia danza. E poi non dimentichiamo che una delle parti fondamentali dell’Hip-Hop è il free-style per cui anche in quei momenti prendo ispirazione dalla loro creatività.
- Che consiglio daresti a chi vuole tentare di diventare ballerino/a?
Gli direi di aprire la mente, di andare oltre la propria zona di confort, di andare a vedere contest, di parteciparvi, di fare esperienze in Italia o all’estero con camp formativi ad esempio durante l’estate, di non accontentarsi della sala di ballo e delle loro lezioni settimanali.
- Qual è la cosa che ti è mancata di più del tuo lavoro durante il lockdown?
Il contatto con le persone perchè nell’Hip-Hop è il fulcro che fa andare avanti la danza. Senza contatto è davvero difficile. Non ho mai mollato, ho continuato a fare lezioni online, ma ho fatto molta fatica, per farmi capire dovevo urlare di più, inoltre capitavano problemi di audio, di rete, si perdeva quell’energia che in sala non si spezza. La connessione era solo artificiale e non reale come avviene in una vera lezione. Mi è piaciuto comunque vedere che i ragazzi si collegavano due volte a settimana, hanno preso l’impegno seriamente.
- C’è qualcosa a cui ti sei dedicata nel periodo del lockdown e che credi continuerai a fare in futuro?
Durante quel periodo ho cercato di uscire dall’isolamento con la creazione del movimento. Ho portato la danza a casa, cercavo di sentire una connessione almeno con il mio corpo attarverso varie lezioni online, per cui l’ho preso anche come una grande opportunità di formazione. Poi ho organizzato un piccolo contest fototgrafico su Instagram intitolato “SagHome”. Volevo conservare un ricordo positivo di questa quarantena, ho chiesto un’immagine delle persone che hanno combattuto a casa questa solitudine attraverso il movimento, con un contrasto di luce ed ombra.
È stato un modo per sentirmi più vicina a tutti i ballerini costretti tra le mura domestiche.
Inoltre, pratico waacking, uno stile di danza che si ispira alle grandi dive degli anni ’70, si balla sulla musica disco ed è caratterizzato da grandi movimenti di braccia, è molto feminile. Ho scoperto che mi sta bene addosso e quindi mi sono dedicata allo studio di questa disciplina con delle lezioni online impartite dai migliori insegnanti d’Italia. E’ una cosa che sto continuando e vorrei continuare.
- Che progetti hai per il futuro e che consiglio ti senti di dare agli allievi di ArteffettoDanza?
Per il mio tipo di danza e per l’età media degli allievi coinvolti ho pensato che fosse più sicuro ricominciare con le lezioni in aula a settembre, aspettando che vengano prese decisioni più definite anche per il mondo della scuola.
Quando riprenderemo sarà importante per tutti rispettare le regole, i ragazzi dovranno ascoltarmi ancora più di prima, supportarsi tra di loro ed essere collaborativi. Ma la cosa positiva è che, se ci sarà la possibilità, stiamo valutando di aprire 2 corsi: uno per bambini dagli 8 anni in su, uno dedicato agli adolescenti dai 14 anni in su. Per quanto sia rimasta piacevolmente colpita dal legame e dalla collaborazione nata tra i miei allievi di età diverse che avevo nel corso di Hip-Hop quest’anno, credo che potremmo crescere tutti ancora di più con questa differenziazione, sarà bello diversificare le attività a seconda del corso se si potrà.
In generale consiglio a tutti gli allievi di qualsiasi età di continuare a ballare in ogni momento possibile, questo sarà per sempre uno spazio unico da ritrovare anche nei momenti più difficili. Così come anche io durante la quarantena ho ballato un sacco, darei lo stesso consiglio a tutti: continuate ad immaginare, con la mente e con il corpo.
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