Innamorata della danza fin dall’età di 6 anni, ballerina professionista con una lunga carriera presso il Teatro lirico Giuseppe Verdi di Trieste e poi, a partire dal 2016, maestra ad ArteffettoDanza per vari corsi di propedeutica. Ecco il ritratto di Cristina Pittoni, che, dopo una vita sul palcoscenico, è felice di poter trasmettere ai più piccoli il proprio sapere e le emozioni che ha provato.
Cristina, che a soli 17 anni ha vinto l’audizione come Tersicorea di fila con obbligo di Solista presso il Teatro Verdi di Trieste, ha avuto l’onore di calcare le scene per ben trent’anni, fino al 2010, ricoprendo anche ruoli da solista e prima ballerina in molti balletti tra i quali “Don Chisciotte” coreografato da Tuccio Rigano, “Coppelia” di Roberto Fascilla, “Pulcinella” di Giuliana Barabaschi, “Città invisibili” e “Cinque stagioni” di Luciano Cannito.
Se c’è una cosa che traspare forte e chiara dalle parole di Cristina è la sua estrema determinazione, la sua forza, che l’hanno spinta a rialzarsi anche quando tutto e tutti sembravano essersi messi contro il suo sogno di ballare, come la volta in cui ha dovuto affrontare un’operazione molto delicata al ginocchio. “Ma se hai un sogno grande – dice Cristina - niente può impedirti di realizzarlo, magari la strada sarà impervia, ma si può raggiungere e questo è ciò che consiglio anche ai miei allievi: non arrendetevi mai”.
E poi gli stessi sogni, come quello di danzare, magari nel tempo si evolvono, si trasformano e “forse – continua – nemmeno io avrei pensato che vedere le mie piccole ballerine sul palco che eseguono una mia coreografia mi desse un’emozione così forte... con i passi che abbiamo studiato per mesi, sicure e felici, ma anche molto attente e intimorite, con la coda dell’occhio che cerca la mia approvazione dietro le quinte... una soddifazione enorme...”
- Che cosa ti ha spinto a diventare insegnante?
Non era programmato, dopo i miei trent’anni di lavoro in teatro pensavo di chiudere la mia carriera e di dedicarmi ad altro. In realtà però la danza è una sorta di calamita che continua ad attirarti a sè, è una necessità. Avevo provato molte emozioni forti ballando e dopo aver smesso sentivo l’esigenza di trasmettere queste stesse emozioni a più persone possibili. Ecco perchè non mi sono lasciata perdere l’occasione quando è capitata l’opportunità di insegnare ad Arteffetto e sono davvero felice di questa scelta.
- Che ricordo hai delle tue prime lezioni da allievo?
Le prime lezioni erano molto diverse da quello che mi aspettavo a 6 anni. Per me danzare è sempre stata una cosa libera e istintiva fin da piccolissima. I miei genitori giustamente hanno scelto una scuola molto seria che poneva alla base di tutto la disciplina. Le lezioni mi piacevano molto, ma ho capito fin da subito che la danza avrebbe richiesto costanza e dedizione per ottenere qualche risultato.
- Com’è stata invece la tua prima lezione da maestro?
Difficile. Caratterialmente ero molto impaurita da tutto ciò, mi sono trovata ad avere a che fare con generazioni completamente diverse da quello che ero io da giovane. E poi non so mai se riesco a trasmettere ciò che voglio anche per la timidezza e la riservatezza che mi contraddistinguono. D’altra parte però mi sono accorta da subito che i bambini si fidano di me e dipendono in qualche modo dalle informazioni che trasmetto, quindi ho sentito una bella ma forte responsabilità. Poi il tempo e l’esperienza hanno fatto il loro e ora sono senz’altro migliorata nell’adattare la mia personalità e la mia lezione a seconda di chi mi trovo di fronte.
- Ci racconti qualche aneddoto divertente della tua carriera da danzatore?
Ricordo sempre con simpatia un giorno di prove per “Sansone e Dalila”. Eravamo un gruppo di ballerini corposo e c’era anche il coro. Mancavano pochi minuti alla fine della prova, ci hanno mandato in spogliatoio perchè non potevamo restare tutti dietro le quinte. Visto che ormai la prova stava giungendo al termine, abbiamo deciso di fare la doccia... Peccato che il regista richiedesse nuovamente la nostra presenza immediata in scena.
Ad un certo punto abbiamo sentito all’autoparlante: “Ballo in scena, ballo in scena”... Panico generale... siamo schizzati fuori dalle doccie, ci siamo rivestiti al volo e, gocciolando schiuma e bolle di sapone per il corridoio, siamo arrivati sul palcoscenico. Il direttore del corpo di ballo ci ha guardati un po’ male... ma per fortuna ci siamo rifatti finendo bene la prova.
- A che cosa stai lavorando in questo periodo e come si svolge la tua giornata tipo?
Mi sto dedicando di più a me stessa e ai miei interessi: disegno, leggo, dipingo, cucino, lavoro a maglia, mi dedico al giardino, ai cani e alle mie figlie... tutte attività per le quali non ho molto tempo nella frenesia quotidiana. Anche per ciò che riguarda la danza, poi, ho avuto più tempo di riflettere su scelte fatte in passato e su come vorrei il futuro. Nell’ultimo periodo sto anche pensando a come impostare delle coreografie per il progetto di fine anno che stiamo valutando per Arteffetto....
- Qual è la cosa che ti manca di più del tuo lavoro in questo periodo di chiusura forzata?
Le mie bimbe che mi abbracciano, che mi raccontano ciò che fanno a scuola, com è stata la loro giornata, lo scambio con loro.
- Anche i maestri possono imparare qualcosa dai propri allievi, ti è mai capitato?
Assolutamente sì, non si finisce mai di imparare, dobbiamo mantenere una dose di umiltà che ti insegni ad ascoltare attentamente chi hai di fronte, sia esso un adulto o un bambino.
- Che consiglio daresti a chi vuole tentare di fare il ballerino/ballerina?
Direi che serve perseveranza, coraggio e tanta passione, ma sicuramente lo incoraggerei perchè non dobbiamo mai mettere da parte i nostri desideri. Per cui lo spingerei a provare tutte le strade possibili, sempre mantenendo però i piedi per terra, per essere sempre coscienti dei propri limiti e non pensare mai di essere arrivati.
- La danza, e più in generale il mondo della cultura e delle associazioni sportive e culturali, sta attraversando un periodo particolarmente complesso. Qual è la tua visione e quali sono le tue speranze per il prossimo futuro?
Non è mai stato facile perchè la danza è sempre stata considerata il fanalino di coda tra tutte le espressioni artistiche. La situazione che stiamo vivendo ha reso tutto più difficile... ma percepisco tanto amore per tutti i generi di danza, nessuno potrà fermare la voglia di muoversi e di ballare. Anche se è mancato il nostro solito studio nell’ultimo periodo, siamo motivati sicuramente a riprendere prima possibile, lo spirito non è cambiato. Certo, mi sto rendendo conto sempre di più che la danza non è un’attività che può essere demandata completamente alla fruizione online. C’è bisogno di confronto. Quindi il mio augurio è che si trovi una soluzione per tornare ad una lezione vera, face to face. Magari ci impiegheremo un po’ più di tempo ma riusciremo a far riprendere allievi e insegnanti in sicurezza e tranquillità.
- Qual è la prima cosa alla quale vorresti dedicarti quando torneremo a scuola?
La cosa migliore sarebbe riprendere dal punto in cui avevamo interrotto. Vedo ciò che ci è successo come una serie tv abbandonata a metà col punto di domanda. Sarebbe bello cominciare a dare delle “risposte”, a far proseguire la trama, senza precludere nulla per il futuro, e anzi con più entusiasmo di prima. Mi auguro di non trovare diffidenza, di non vedere bambini sfiduciati o impauriti. Starà a tutti noi trasmettere la serentirà e la voglia di andare avanti.
- Qual è il consiglio che ti senti di dare agli allievi di ArteffettoDanza in questa fase di lontananza dalla scuola?
Tener duro sempre, essere convinti che è stato un momento inaspettato e difficile ed ha insegnato ad ognuno di noi quanto sia bello pensare di ritornare alla quotidianità che prima si dava per scontata, a tutti i nostri impegni, compresa la scuola... Essere convinti che niente ci può fermare, niente ci può far smettere di lottare e di sognare. La vita ti mette di fronte a situazioni difficili e dolorose, ma è importante scorgerne i lati positivi, senza arrendersi mai. E che cos’è questo insegnamento se non l’essenza stessa della danza e della vita?
Laura Sartori
Aggiungi un commento