Il nostro viaggio alla scoperta degli insegnanti di ArteffettoDanza prosegue e stavolta ci conduce in Spagna, ai ritmi andalusi del flamenco con Elisabetta Romanelli.
Dopo essersi formata professionalmente a Firenze, Elisabetta intraprende giovanissima la carriera da danzatrice. A soli sedici anni prende parte al cast del film Metello di Mauro Bolognini che vede, tra gli altri attori, la partecipazione di Massimo Ranieri. Lo stesso anno vince una borsa di studio presso la scuola di Marika Besobrasova a Montecarlo specializzandosi in danza classica metodo Vaganova e danza di carattere. A 18 anni, dopo il diploma al Liceo Artistico, decide di intraprendere a tutti gli effetti la carriera professionale e lavora nei maggiori teatri italiani come tersicorea. Ha insegnato danza classica e flamenco in molte realtà istituzionali e scuole private cittadine e da ormai quattro anni guida con entusiasmo e passione i corsi di flamenco ad Arteffetto dove, oltre alla tecnica base e avanzata del baile flamenco tradizionale, gli allievi hanno modo di imparare ad interpretare coreografie basate sia sul flamenco puro che su quello nuevo (contemporaneo) e sulla danza classica spagnola.
- Elisabetta, che cosa ti ha spinto a diventare insegnante?
Il mio debutto nel mondo dell’insegnamento è stato una prosecuzione naturale di una vita dedicata alla danza, prima come allieva a Firenze - dove ho avuto modo di impartire qualche lezione già quando ero nel corso professionale - poi come ballerina in diversi teatri tra cui il Teatro Petruzzelli di Bari e il Teatro Verdi di Trieste. Ho lasciato il palcoscenico quando sono diventata mamma, ma poi ho capito che non potevo stare senza respirare danza e quindi ho deciso di riprendere ad insegnare. Ho ricominciato impartendo lezioni di danza classica e poi specializzandomi nell’insegnamento del flamenco, stile a cui sono molto legata da sempre e devo dire che sono molto soddisfatta dei corsi che stanno crescendo di anno in anno ad Arteffetto.
- Che ricordo hai delle tue prime lezioni da allieva?
Ho cominciato a studiare danza a 9 anni con la mia sorella gemella. Abbiamo capito da subito entrambe che ciò che facevamo nella nostra prima scuola non ci bastava, sentivamo l’esigenza di studiare di più. A quel punto abbiamo scelto una scuola professionale a Firenze e abbiamo capito meglio cosa voleva dire lavorare nel mondo della danza. Richiede un impegno molto elevato, ma la passione è scoccata per entrambe. Il mio ricordo, al di là della fatica, è molto bello. Erano lezioni validissime sia per il classico, sia per la danza di carattere e per il flamenco in particolare. Ricordo che l’insegnante ci trasmetteva molta tenacia e passione.
- Come sono state invece le tua prime lezioni da maestra?
All’inizio della mia carriera da insegnante facevo lezioni di classico, ero un po’ demoralizzata, avevo ragazzine che provenivano dal modern per cui l’approccio al classico era complesso. Mentre da quando ho cominciato ad insegnare flamenco mi sono trovata davanti un altro scenario. Con gli adulti alcune cose sono più semplici, sono persone che vengono per divertirsi al momento, sento una responsabilità comunque grande ma diversa. D’altra parte si tratta di allieve molto motivate, che affrontano le lezioni e le coreografie con estremo impegno, serietà, voglia di crescere, tanto che il gruppo delle adulte è aumentato a vista d’occhio. E poi riuscire a far ballare su un palcoscenico prestigioso come quello del Teatro Rossetti di Trieste un gruppo di allieve di tutte le età, con background ed esperienze diverse, è quasi una magia, oltre che un’enorme soddisfazione.
- Anche i maestri possono imparare qualcosa dai propri allievi, sei d’accordo?
Ogni lezione imparo qualcosa da loro. Conosco meglio persone che non conoscevo, comprendo lati caratteriali nascosti, mi accorgo di alcuni miei sbagli e cerco di correggerli. È impossibile non imparare se fai questo lavoro. Durante le lezioni mi immergo molto, ci metto l’anima e ogni volta ricevo delle sorprese da parte di qualche allieva con dei risultati inaspettati.
- Ci racconti qualche aneddoto particolare della tua esperienza sul palcoscenico?
Ricordo sempre un episodio con particolare affetto. Stavamo preparando il saggio di fine anno a Firenze. Ballavo con la mia sorella gemella. La coreografa ci ha chiesto: “Come vorreste finire la coreografia?” Noi abbiamo risposto contemporaneamente: “Separate”.
E lei ci disse che forse sarebbe stato un segno premonitore, che poi sarebbe accaduto anche nelle nostre vite e in effetti poi così è successo. Per varie vicissitudini le nostre strade si sono divise, anche se siamo sempre molto legate.
La cosa più divertente però è stata quando lo spettacolo è andato in scena. Facevamo impazzire il macchinista addetto alle luci. Vedeva la stessa persona entrare da una parte, uscire dall’altra e rientrare subito dopo, era molto confuso... non aveva capito che eravamo due...
- Che consiglio daresti a chi vuole tentare di diventare ballerino/a?
Io sono sempre abbastanza sincera, ho conosciuto allieve brave ma non dotate fisicamente, altre con talento ma senza tecnica, altre più lente ad apprendere o che si impegnavano troppo poco... Credo che per arrivare a fare questo lavoro oggi sia necessario un grande spirito di sacrificio e un’enorme dedizione, devi amare la danza al 100%.
Oggi ci sono più distrazioni rispetto ad un tempo quindi forse è ancora più difficile e, al di là delle singole capacità tecniche, non tutti hanno questa predisposizione. Quindi incoraggerei assolutamente questo desiderio ma inviterei a studiare moltissimo, ad approfondire ogni aspetto della danza, per capire se è davvero la strada che si vuole intraprendere. Per quanto riguarda il flamenco poi, c’è un aspetto culturale e di spirito che può avere solo un nativo spagnolo. A livello italiano suggerirei di approfondire questa tecnica più a scopo didattico che a scopo professionale.
- Qual è la cosa che ti è mancata di più del tuo lavoro durante il lockdown?
L’odore della scuola, il fatto di essere là col corpo e con il cuore e di sentirmi in quel momento nel mio ruolo attorniata da energia, vitalità, senso di gruppo, tutto ciò che mi dà soddisfazione. Durante il lockdown mi sono attrezzata per svolgere lezioni di flamenco online, per fortuna non ho vicini sopra e sotto di me...
È stato comunque utile e interessante perchè ci siamo fatti compagnia e ho potuto approfondire aspetti più teorici che di solito non ho modo di affrontare, relativi alla musica del flamenco, agli stili delle varie regioni ecc.
Ma il fatto di avere un video davanti e di non sapere se le allieve hanno recepito o meno e non poterle correggere era davvero un grosso limite.
- Che progetti hai per il futuro e che consiglio ti senti di dare agli allievi di ArteffettoDanza?
Io non vedo l’ora di tornare a danzare e a condividere lezioni con le allieve. In generale consiglio di avere pazienza perchè non sarà un inizio d’anno facile, dovremo essere sempre un po’ in guardia, le misure di sicurezza dovranno continuare ad essere rispettate e, per un’attività fisica e di contatto come la danza, questo crea necessariamente delle limitazioni o comunque delle attenzioni particolari da osservare.
Ma l’importante è non smettere di ballare, continuare a mettersi in gioco, ognuno nella propria disciplina di interesse. Il sogno più grande sarebbe quello di poter tornare presto anche su un palcoscenico, di potersi mettere in gioco con quanto studiato, di raccontare una storia e regalare qualche ora emozionante al pubblico dopo un anno di lavoro. La speranza è che ci sia la possibilità, anche come insegnanti, di esprimerci al meglio, di farlo con una grinta e con un’energia ancora maggiore rispetto agli altri anni, per cercare di far dimenticare l’enorme mancanza dell’anno appena concluso e per tornare a godere di quelle sensazioni che solo la danza può offrire.
Add new comment