La danza forma corpo e mente e a volte può diventare il ponte ideale per altre strade artistiche e di vita. È ciò che è accaduto ad Anna Godina, giovane triestina 21enne che ha iniziato a studiare ad ArteffettoDanza a 5 anni e, con il passare del tempo, ha scoperto la propria vocazione attoriale.
“Ad Arteffetto – dice Anna – ho trovato proprio dei mentori più che dei maestri. Questa scuola è stata parte fondante della mia formazione. Ogni insegnante ha lasciato la sua impronta. Tra tutti Maria Luisa Turinetti, la mia prima maestra, mi ha insegnato il valore del rigore e della disciplina; Silvia Califano ha avuto con me un approccio più protettivo e un piglio creativo fondamentale per chi vuole fare dell’arte il proprio lavoro.”
Anna, che sta frequentando il terzo ed ultimo anno della Scuola del Piccolo Teatro di Milano, si è avvicinata al mondo del teatro quasi per caso, con l’idea di fare un’esperienza da comparsa nel film “Un bacio” di Ivan Cotroneo e in realtà, dopo vari provini, è riuscita ad ottenere un ruolo di attrice minore nello stesso film. Da lì ha capito che non poteva fare a meno di quella vita e ha cominciato ad affiancare alla danza lo studio della dizione e del teatro con l’attrice Elke Burul.
Nonostante la giovane età, Anna ha già preso parte a servizi fotografici, pubblicità e ad alcune esperienze televisive tra le quali un documentario andato in onda su Sky Arte nel 2016, “Don Matteo 11” su Rai 1 nel 2017 e la fiction “L’Isola di Pietro 3” con Gianni Morandi trasmessa nel 2019 su Canale 5.
In questa intervista Anna ci racconta il suo percorso, i suoi obiettivi e le sue speranze per il futuro, con un accento marcato ad un insegnamento che ha tratto dal suo percorso formativo: l’espressività artistica e la vita sono fatte di contatto, non di solitudine e di individualismo. Parole che risuonano forti e chiare per chi sta aspettando di poter tornare sul palcoscenico... o nella propria scuola di danza.
- Anna, che cos’è per te la Danza in una parola?
Corpo.
- Che legame c’è secondo te tra danza e teatro e quanto la danza continua ad essere presente nella tua vita?
Un legame significativo, la danza è uno strumento di ricerca e studio per avere una coscienza del proprio corpo e di quello altrui. Fin dal primo anno alla Scuola del Piccolo Teatro abbiamo dedicato metà delle ore didattiche allo studio del metodo Laban-Bartenieff che si basa sulla respirazione e analizza il movimento in base a connessioni neuro-muscolari. Abbiamo lavorato molto intensamente per aspirare ad una forza scenica significativa e per passare dall’ ”io” al “gruppo”. Poi comunque studiamo danza contemporanea e acrobatica, ma anche basi di canto lirico, per capire come gestire il respiro anche a livello vocale.
- Come si svolge la tua giornata tipo?
Gli orari cambiano di settimana in settimana e di anno in anno. Il primo anno ho studiato soprattutto voce, movimento e interpretazione. Il secondo e il terzo anno abbiamo avuto l’opportunità di studiare anche con molti attori, registi, coreografi, coach vocali esterni con corsi intensivi. Comunque di base si studia dal lunedì al sabato dalle 10.00 alle 19.00.
Da qualche mese la mia quotidianità ovviamente si è totalmente modificata. Emotivamente sto passando momenti molto difficili perchè stavamo cominciando a preparare lo spettacolo di fine anno, trampolino di lancio col mondo professionale. Non si può preparare uno spettacolo online e la direzione ha deciso di non proseguire neanche con la didattica perchè le nostre lezioni prevedono presenza, sguardo, contatto, scambio interpersonale su tutti i piani. Abbiamo deciso di condurre solo dei dibattiti online ogni due giorni per scambiarci opinioni e idee su argomenti di varia natura in qualche modo legati al nostro lavoro. Per il resto sto facendo cose completamente diverse, ad esempio mi sto dedicando a lavori manuali e al giardinaggio.
- A cosa hai dovuto rinunciare per inseguire il tuo sogno?
Ho avuto la fortuna enorme di finire le superiori ed entrare immediatamente l’anno successivo alla Scuola del Piccolo Teatro, quindi direi che non ho fatto grandi rinunce. La mia vita ovviamente è totalmente focalizzata lì dentro, questo va tenuto conto per chi decide di intraprendere un percorso simile. Ho dovuto fare anche delle rinunce lavorative perchè il regolamento della scuola prevede che tu non possa accettare lavori esterni, ma ne sono felice perchè so che sto ponendo delle fondamenta per il mio futuro professionale.
- Ci racconti qualche aneddoto divertente della tua vita sul palcoscenico?
Durante la mia prima esperienza lavorativa sul set di un film, stavamo girando una scena all’esterno. In queste situazioni ci deve essere la stessa luce e un audio costante, ma purtroppo sei soggetto ad una serie di elementi che non si possono controllare. Quel giorno ad un certo punto uno stormo di uccellini ha iniziato a cinguettare fortissimo, un bel concerto... C’era pochissimo tempo a disposizione per riuscire a mantenere la stessa luce, il regista se ne è uscito con: “Zittite quegli uccellini”, facendo ridere tutto il set...
- A che cosa pensi mentre reciti?
Cerco di non pensare. L’obiettivo è stare totalmente in ascolto come quando parli realmente con una persona, è il rapporto che crea la scena. È molto difficile, devi liberarti del tuo giudizio su te stessa.
- Se, per qualche motivo, non dovessi fare l’attrice, che lavoro ti piacerebbe fare?
Se riuscirò ad avere un po’ di autonomia economica, sicuramente mi formerò anche in altri ambiti, comunicazione ad esempio, semplicemente per avere più strumenti possibili per ampliare il mio lavoro di attrice.
- Quando pensi al tuo futuro, sei più attratta dall’idea di fare un lavoro artistico o più spaventata per l’incertezza di questo mondo?
Ho entrambe le sensazioni. Ho una grande speranza e determinazione e sto facendo tutto il possibile per diventare attrice a tutti gli effetti. Molto spesso ci sono condizioni esterne difficilmente controllabili. Questo l’ho messo in conto, è ovvio che ci penso e mi preoccupa. C’è un istinto però che ti porta a fare questo lavoro, è qualcosa a cui è difficile rinunciare. Poi ovviamente bisogna trovare il giusto equilibrio tra la volontà di far permanere questo istinto e la necessità di raggiungere un minimo di sicurezza economica.
- Tra tutti i ruoli che ti sei trovata ad interpretare, qual è quello che più ti rappresenta?
Ricordo con particolare affetto la verifica del secondo anno della Scuola del Piccolo Teatro quando abbiamo messo in scena “Tre sorelle” di Čechov e io interpretavo Irina. Mi sono resa conto che ci stavamo salvando l’un l’altro con i miei compagni e i docenti hanno visto che stavamo veramente lavorando insieme.
- Che progetti hai per il futuro?
Non so come e quando, ma appena sarà possibile voglio finire il percorso intrapreso e diplomarmi. E poi fare più provini possibili anche come allenamento. Il mio obiettivo ideale sarebbe quello di riuscire a fare almeno un’esperienza teatrale all’anno e anche esperienze televisive o cinematografiche.
- Infine, come si può sfruttare questo periodo di chiusure forzate in positivo?
Io soffro veramente tanto per la mancanza di contatto. Una delle cose fondamentali su cui hanno insistitito molto nella scuola che sto frequentando è l’annullamento delle gerarchie. Nessuno esiste sul palcoscenico se non c’è l’altro, è sempre e comunque un lavoro di gruppo, non ci sono ruoli primari e secondari. Per questo non può che mancarmi il confronto con compagni e insegnanti. Ma consiglio di mantenersi vitali nonostante la situazione generale sia di profonda attesa e dagli sviluppi totalmente imprevedibili. Consiglio di mantenere il cervello e il corpo "che respirano", trovando una propria via per mantenere la creatività. Lo studio è importante, in qualsiasi fase della vita, quindi è utile continuare a nutrirsi per crescere, aspettando di tornare a tempi più “normali” per avere lo stesso istinto primordiale, la stessa curiosità, lo stesso sguardo che avevamo da bambini.
(Foto 1,2,3 di Luca Defant; Foto 4: Foto set "Isola di Pietro 3", Lux Vide)
Laura Sartori
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