Da Trieste a Sidney, passando per Siena, Pisa, Gdańsk (Polonia) e Bremerhaven (Germania).
Jacopo Grabar, triestino formatosi prima ad Arteffetto Danza e poi all’Ateneo della Danza di Siena, ha già avuto l’opportunità di portare la propria arte in giro per il mondo.
Che si parli della compagnia Impefect Dancers di Pisa, del Ballett des Stadttheaters Bremerhaven o della Sydney Dance Company, dove ha avuto l’onore di approdare nel 2018, c’è un aspetto che Jacopo rimarca con forza: ciascuno di noi ha un’unicità che merita di essere espressa. Esiste una grandissima varietà della qualità del movimento che spesso ci viene negata solo per canoni estremamente rigidi. Questa è la frontiera che Jacopo tenta di varcare con la propria creatività, sia come ballerino, sia con qualche esperienza da coreografo.
- Jacopo, che cos’è per te la Danza in una parola?
Leggerezza.
- Quando ti sei innamorato dell’arte coreutica e in che momento hai capito che sarebbe diventata il tuo lavoro?
Quando ero ad Arteffetto, più o meno a 12 anni, Corrado mi ha chiesto se avessi mai considerato l’idea di diventare ballerino. In quel momento mi si è aperto un mondo; il modo in cui ho affrontato la danza in generale è cambiato totalmente.
- Ci racconti com’è stata la tua prima volta sul palcoscenico da professionista?
Era un quintetto, ero un tirocinante per il Balletto di Siena e uno dei ballerini aveva lasciato la compagnia. Ho avuto poco tempo per cui mi ricordo la paura, la difficoltà a ricordarmi le sequenze e le entrate, ma anche molta adrenalina sapendo che le persone pagavano per vedermi. Inoltre sentivo la responsabilità di portare avanti un pezzo a 5, dove non ti puoi perdere neanche per un attimo. Ma alla fine dello spettacolo mi sono sentito pieno.
- A che cosa stai lavorando in questo periodo e come si svolge la tua giornata tipo?
Le cose stanno cambiando a causa del Coronavirus, anche la mia compagnia sta vivendo momenti bui, stiamo cercando però finchè possibile di mantenere giornate normali. Generalmente inizio alle 9.30 con una lezione di classico, contemporaneo o joga fino alle 10.45 con molti insegnanti diversi. Poi 15 minuti di pausa e prove fino alle 13.30, poi pausa di un’ora, e poi nuovamente prove fino alle 18.00. Stiamo lavorando ad uno spettacolo diviso in 3 quadri: “NNNN”, un quartetto di William Forsythe, un duetto intitolato “E2 7SD”, e un trittico “Impermanence” ispirato alla situazione attuale, che in alcuni momenti sembra andare verso l’Apocalisse. Si ispira agli incendi in Australia, a quello che sembrava essere l’imminente scoppio della Terza Guerra mondiale, al crollo di Notre-Dame, etc. Abbiamo girato molti video anche in vista di un possibile blocco delle attività.
- A cosa hai dovuto rinunciare per inseguire il tuo sogno?
Stabilità e famiglia. Il motivo per cui mi sono fermato qui in Australia è che qui mi sento a casa, vedo un futuro, sto anche studiando comunicazione all’Università.
- Ci racconti qualche aneddoto divertente della tua vita sul palcoscenico?
Ho vissuto una situazione molto comica quando ero al Balletto di Siena. Stavo facendo una danza di carattere, ma all’interno di una coda finale, quindi avevamo le mezze punte bianche. Ad un certo punto mi è partita la scarpetta, quindi, anche nel video, si vede che sono tutti fermi, tranne la mia scarpetta che svolazza sul palco prima di cadere tra le prime file.
- A che cosa pensi mentre danzi?
Dipende da cosa sto ballando. Cerco di crearmi una storia, nel contemporaneo c’è prima di tutto un concetto. Mi concentro molto sull’emozione da trasmettere.
- Che lavoro avresti fatto se non avessi fatto il ballerino?
L’interprete.
- Il tuo lavoro è prettamente artistico, ti senti un privilegiato per questo o hai paura per il futuro?
In questo momento preciso sono spaventato perchè è difficile per me lavorare da casa. Per quanto mi consideri estremanente fortunato, sento anche la pesantezza del fatto che la mia passione sia diventata un lavoro, vorrei essere più spensierato quando sono a lezione. Però ovvio in generale mi considero estremente privilegiato e felice.
- Tra tutti i ruoli che ti sei trovato ad interpretare, qual è quello che più ti rappresenta?
Direi proprio quello che ho danzato allo spettacolo di fine anno di Arteffetto nel 2017: “Granada”, brano coreografato da me, con l’aiuto di un collega. Si tratta della prima vera creazione nata per me, non ho dovuto interpretare le idee di un altro in questo caso.
- Che opinione hai dei talent show?
Possono essere una cosa utile; ad esempio Amici ha cambiato l’idea della danza e l’ha resa più accessibile, ma disprezzo tutto ciò che avviene nel mondo tv, dove il focus è sui drammi personali e della danza rimane poco e niente.
- Che consiglio daresti agli aspiranti ballerini di domani?
Studiare qualcosa che li appassioni, serve una cultura generale e c’è comunque sempre bisogno di un piano B nella vita. Inoltre, non dare troppo peso ai messaggi che dà la tv, devono credere in loro stessi perchè tutte le opinioni che ti vengono date sono opinioni artistiche e di conseguenza soggettive.
- Infine, come sai, l’Italia sta vivendo un momento difficile a causa delle chiusure forzate per l’emergenza da COVID-19. Come si può sfruttare questo periodo in positivo?
Ovviamente tentare di rimanere attivi, magari fare una sbarra 3-4 volte a settimana o pilates. Ma soprattutto direi a tutti gli allievi di Arteffetto di spendere questo tempo “regalato” per stare anche senza internet, con se stessi, ritrovare motivazioni, stimoli, priorità anche nella danza, per trasformare un momento tragico nell’inizio di una bella trasformazione.
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